Quello dell’acquacoltura, sia marina che d’acqua dolce, è un settore in enorme crescita nel mondo: circa l’11% l’anno di incremento dagli anni ’80 ad oggi senza crisi e momenti di decrescita degni di nota. In Italia, per ragioni legate alla forte burocratizzazione e alla peculiare situazione di crisi economica in corso, l’acquacoltura soffre come ogni altro settore industriale del Paese. Basti pensare che fino a una ventina di anni fa esistevano, in Italia, centinaia di piccoli impianti a gestione familiare (o quasi) che conducevano autonomamente avannotteria, ingrasso e macello e spesso anche la produzione del mangime. Oggi, non solo i differenti step produttivi sono ben distinti (avannoteria, ingrasso, macello, mangimificio) ma la maggior parte di tali aziende o hanno chiuso o sono state inglobate da grandi gruppi, spesso multinazionali, che in Italia gestiscono numerosi impianti.

Ciò ci dice innanzitutto che il settore è mutato nel tempo in termini di forma e modalità produttive ma ci fa capire anche come i settori di produzione principali (spigola e orata in mare e trota in acque interne) siano fortemente sotto pressione a causa della globalizzazione e della concorrenza estera. Questi due elementi  hanno fatto si che le piccole imprese rimanessero parzialmente schiacciate spostando l’ago della bilancia a favore delle imprese più grandi capaci di affrontare una forte concorrenza estera implementando i profitti sulla grande scala.

Tuttavia ciò che sta accadendo in Sicilia è davvero innovativo e va in controtendenza rispetto alla situazione nazionale.

Grazie a fondi europei dedicati all’acquacoltura in Sicilia, numerosi imprenditori (Ittica siciliana non fa parte di essi) hanno deciso di lanciarsi in questo settore in crescita a livello globale sostenuti da un finanziamento a fondo perduto ad oggi (FEAMP, bando aperto fino al 30 marzo 2018) del 50% e, relativamente a un finanziamento precedente (FEP), del 60%.

Ciò che rende innovativa la scelta, comprendendo la situazione nazionale dell’acquacoltura, è stata la lungimiranza e lucidità di chi ha preso parte agli incontri preliminari sul tema acquacoltura d’acqua dolce in Sicilia, di spingere non per la nascita di nuove imprese che si occupassero ancora di specie il cui mercato è già avviato e presenta le problematicità sopra citate, bensì di specie innovative e praticamente per nulla allevate in Italia se non con qualche eccezione. Parliamo di pesci come il persico trota, il persico spigola, lo storione e noi aggiungiamo il lucioperca di cui ci stiamo occupando (ottimo per allevamenti anche intensivi) ma anche la tinca, il luccio e il persico reale (la cui produzione è in fase di allestimento ed è finalizzata fondamentalmente al ripopolamento). Le specie sopracitate sono di grande interesse economico grazie all’ottima adattabilità alla cattività, al rapido accrescimento, alla robustezza e chiaramente alle ottime carni che nulla hanno da invidiare al pesce di mare.

Ad oggi esistono almeno 8 aziende operative di cui due che da anni si occupano di allevamento di trota (iridea e macrostigma), una che si occupa di acquaponica (quindi produzione di piante e pesci in un ciclo unico e super-ecosostenibile) e le altre di nuova costruzione, tra cui la nostra che nel 2018 avvia la seconda stagione produttiva. Intanto oggi, gennaio 2018, è aperto un nuovo bando che potrebbe portare alla nascita di altri nuovi allevamenti in Sicilia. Le peculiarità di tali aziende fanno si che, nonostante non si tratti di imprese di grandi dimensioni, possono avere la loro economicità non andandosi  a scontrare con altri mercati già saturi e in concorrenza con i mercati esteri fornendo del prodotto a Km 0 di qualità ottima e sostenibile dal punto di vista ambientale mentre il nostro mare è sovrasfruttato e sempre più inquinato.

Aspetto che abbiamo approfondito in un altro articolo ma che citiamo brevemente è quello del contributo dell’acquacoltura alla tutela delle acque interne: non scordiamo che mentre i nostri bacini naturali soffrono la carenza d’acqua, l’inquinamento e la pesca, l’acquacoltura può sostenere tali habitat naturali fornendo prodotti per ripopolamento e garantendo quindi un costante apporto di pesce appartenente a specie diffuse e ormai a rischio.

Così la Sicilia da qui a qualche anno si potrebbe porre al Paese come nuovo baluardo dell’acquacoltura d’acqua dolce con specie innovative e poco allevate, rappresentando così anche una fucina di studi e ricerche utili a tutto il settore nazionale.

Ciò che noi ci auguriamo col cuore è che gli investitori, i tecnici e tutti i nuovi e vecchi addetti al settore si rendano conto che la scientificità con cui ci si deve approcciare all’allevamento di specie ittiche è imprescindibile per una buona riuscita di questo tipo di attività imprenditoriale. Troppi ne abbiamo visti di imprenditori-tuttofare che hanno buttato via, per disinteresse, disattenzione, ignoranza o per altri interessi economici, fior fiore di impianti d’acquacoltura creando un danno non solo a se stessi ma anche ai propri operai e a tutto l’indotto del settore.

Ittica siciliana di Arturo Mannino si impegna ad affrontare seriamente e con umiltà le difficoltà e le grandi soddisfazioni che questa attività offre; inoltre mette a disposizione le proprie competenze al fine di migliorare la funzionalità e la produttività degli allevamenti di aziende terze in quanto sistemi fortemente dinamici e da seguire con costante attenzione e competenza.

Ognuno faccia la propria parte in base alle proprie competenze, l’acquacoltura offre grandi prospettive… Se gestita correttamente nel rispetto dei lavoratori, del pesce e dell’ambiente.

 


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